sabato 5 novembre 2011

UNA REGALITA’ CAPOVOLTA

Dal vangelo secondo Giovanni (18,33c-37)
33Pilato disse a Gesù: "Sei tu il re dei Giudei?". 34Gesù rispose: "Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?". 35Pilato disse: "Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?". 36Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù". 37Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".

L’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa celebra la festa di Cristo re dell’universo. Anche nella nostra chiesa parrocchiale c’è una vetrata nell’abside che raffigura un Cristo regale seduto su un trono. Ma il Cristo seduto in trono ha ancora le ferite della passione? Certamente sì. La sua regalità non annulla la croce, ma si comprende a partire dalla croce.
In occasione del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, la gente voleva proclamarlo re e lui si rifiutò fuggendo (Gv 6,15). Qui davanti a Pilato, nel contesto della passione, Gesù non rifiuta questo titolo, anzi lo attribuisce a se stesso come un titolo azzeccato. Perché là no e qui sì? Perché là significava essere re come voleva la gente, la mentalità del mondo: una regalità che si manifesta nella potenza, nell’imposizione e nella ricerca di sé. Qui significa essere re secondo Dio: una regalità che si manifesta nel dono di sé, nell’amore, nel servizio, nel rifiuto della potenza come mezzo per risolvere i problemi.
Ecco perché è a partire dalla passione che si capisce la regalità di Gesù: “Io sono re per dare testimonianza alla verità”. E la verità di cui parla Gesù è il disegno di salvezza di Dio che passa attraverso la passione, in definitiva è il mistero della sua stessa persona.
Una contestazione del potere mondano? Certamente sì, ma soprattutto una scelta di vita proposto a noi: sei grande se ami e lo fai pagando di persona.

Don Marcello

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