sabato 12 novembre 2011

LO SGUARDO DEL CREDENTE SULLA FINE (Mc 13,1-27)


Fine del mondo, e morte personale sono realtà che ci richiamano a un termine: è certo che il mondo finirà (Mc 13,1-27) ed è altrettanto certo che moriremo. Qualcuno ha visto tra noi qualche eccezione? Ma che senso ha questo termine? E’ la dissoluzione di tutto o apre a delle sorprese?
Lo sguardo di Isaia (I lettura), lo sguardo di S. Paolo (II lettura) e soprattutto lo sguardo di Gesù (Mc 13,1-27) sono lo sguardo del credente. Avere la loro vista è vedere la realtà, anche quella più tremenda come quella della fine, con fiducia.
Isaia scrive in tempi di disperazione: il popolo d’Israele infatti è in esilio a Babilonia. Il profeta si rivolge ai deportati con un messaggio di consolazione: alla fine dei tempi ci sarà da parte di Dio un giudizio nei confronti di chi “opera con perfidia” e una speranza di salvezza per chi è vittima dell’ingiustizia. In questo modo le situazioni saranno capovolte. Ciò che autorizza a sperare in questo esito finale della storia, anche in tempi di disperazione, è solo la parola di Dio.
Per Paolo tutti siamo vittime della morte,“l’ultimo nemico”. Ma nessuna paura. E’ vero che moriremo perché solidali con Adamo, ma è altrettanto vero che siamo solidali anche con Cristo, per cui “in Cristo tutti riceveranno la vita”. Ciò che ci autorizza a ritenere per certa questa la vittoria sulla morte è ancora una volta la parola di Dio.
Nell’attesa di questa vittoria sull’ingiustizia negli ultimi tempi (Isaia) e sulla morte (S. Paolo), cosa dobbiamo fare? Risponde Gesù.
Anzitutto “se qualcuno vi dirà: “Ecco il Cristo è qui, ecco è là”, voi non credeteci”. Gesù Cristo è unico. E’ il Gesù del “Credo”: nato, vissuto, morto e risorto in Palestina 2000 anni fa. Non ha reincarnazioni. Per cui non correremo dietro a chi si spaccia per Gesù o dice di essere migliore di lui.
E ancora: “Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”. Perseverato in che cosa ? Nella fede in lui, vivo, presente, oggi, qui, perchè “mi può salvare solo uno che mi è contemporaneo” (Kierkegaard). E di fatto Gesù è nostro contemporaneo, in quanto è presente nella Chiesa, nei sacramenti, nella parola di Dio, nei fratelli e nelle sorelle. Dunque lo cercheremo soltanto lì.

Don Marcello

Nessun commento:

Posta un commento

Post più popolari