C'è una dote diventata sempre più
rara: ed è la dignità. Dignità nel dolore, nella sfortuna, nella vittoria,
nella sconfitta, in amore. Forse le comodità della vita ci hanno rammollito,
forse chiediamo troppo al destino, forse i calmanti e le medicine ci hanno
disabituato alla sofferenza, forse abbiamo dimenticato gli ideali; è certo,
comunque, che pochi, oggi sanno portare con dignità, cioè con serena fermezza,
i guai e i trionfi, le delusioni e i successi.
Essere
poveri e tuttavia non passare i giorni a piagnucolare sui soldi che non
bastano: questa è dignità. Essere ricchi, forti, baciati dalla fortuna, e
tuttavia mantenersi umili e cordiali: questa è dignità. Soffrire per un
malanno, per una sventura, per l'inganno di una persona creduta amica, e tuttavia
non degradarsi, non lamentarsi con chiunque, non inveire: questa è dignità.
Ma
in amore soprattutto la dignità è la virtù più bella e più rara. E' la dignità
che impedisce ad un uomo di avvilirsi fino al ridicolo davanti alla ragazza che
lo respinge, che impone alla donna d'aver rispetto di se stessa e del proprio
corpo, che trattiene l'uomo dalla volgarità degli eccessi, che dà alla donna
innamorata la forza di accettare senza isterismi, senza scenate, senza lacrime
penose, la delusione di un amore sbagliato. Dignità: è la dote dei forti.
Ma esistono ancora uomini e donne forti?
FONTE: V. BUTTAFAVA, Una stretta di mano e via, BUR
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